La riunione del board della Banca Centrale Europea andata in scena ieri è stata caratterizzata da due importanti annunci: l’aumento dei tassi dello 0.50%, che riportano il costo del denaro in Eurozona su territori positivi, e la presentazione del tanto chiacchierato “Scudo anti-spread”, ribattezzato TPI, acronimo di Transmission Protection Instrument.
Ma andiamo con ordine, partiamo dai tassi.
La fine dei tassi zero per l’area euro sarà ricordata anche per la fine di uno degli strumenti particolarmente cari alla moderna teoria monetaria: la forward guidance.
Sì, perché, a differenza di quanto avvenuto sinora, anche la BCE ha deciso di contravvenire a quanto annunciato in precedenza, quando Christine Lagarde aveva lasciato intendere che in luglio l’aumento dei tassi sarebbe stato di soli 25 punti base.
La numero uno dell’Eurotower si è giustificata additando la necessità di flessibilità in questa fase di inflazione persistente, seguendo un po’ le motivazioni addotte da Jerome Powell riguardo la stretta di 75 punti base – fino a quel momento esclusa – operata dalla Fed lo scorso giugno.
In politica monetaria, però, funziona un po’ come nella vita di tutti i giorni, reputazione e credibilità sono alla base di ogni rapporto, nello specifico tra banchiere centrale e mercati, e una volta perse è dura riconquistarle.
Benché si tratti di un trend che si sta via via consolidando, sono tanti gli esempi di banchieri centrali che in questa fase si stanno rimangiando quanto avevano dichiarato soltanto pochi mesi prima, dal Canada alla Corea del Sud, passando per la Nuova Zelanda e Singapore, non è una questione da sottovalutare, dato che una banca centrale poco credibile perde di fatto gran parte del suo potere, ossia quello di influenzare le aspettative del mercato.
Transmission Protection Instrument.
Come detto in apertura, questa riunione del board della BCE verrà ricordata anche per l’introduzione di un nuovo strumento di protezione alla trasmissione della politica monetaria in Eurozona.
Stavolta, quindi, anziché attendere che le cose peggiorino, la massima Istituzione di politica monetaria dell’area euro ha deciso di anticipare i tempi, presentando quello che da tempo, nelle segrete di stanze di Francoforte su Meno, veniva volgarmente definito “Scudo anti-spread”.
In cosa consiste?
IL TPI si configurerà in acquisti di titoli del Tesoro con scadenza residua compresa tra 1 e 10 anni – potrebbero essere presi in considerazione anche titoli del settore privato – non vincolati ex ante, il cui ammontare dipenderà da quanto grave sarà la forbice tra gli spread.
Per valutare ciò la BCE si servirà di 4 criteri:
- Rispetto del quadro di bilancio dell’UE.
- Nessun grave squilibrio macroeconomico.
- Politiche macroeconomiche “sane e sostenibili”.
- Il rispetto degli impegni presi in ambito Next Generation EU, che in Italia abbiamo ribattezzato PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza).
La BCE ha inoltre precisato che gli acquisti verranno interrotti nel caso in cui le tensioni persistenti saranno dovute ai fondamentali del Paese, come a dire che non saranno consentiti comportamenti di azzardo morale – per quanto mi riguarda – un appello diretto ai populisti e sovranisti nostrani che, dopo aver fatto cadere Draghi, hanno già cominciato ad avanzare scellerate promesse elettorali, fatte di pre-pensionamenti e bonus tapparelle.
Questo strumento servirà ad evitare un eventuale rischio contagio di altri Paesi mediterranei con una situazione di finanza pubblica non ottimale, vedi Spagna e Portogallo, non certo per salvare l’Italia dalla sua tragicomica instabilità politica, speriamo che il messaggio sia arrivato a chi di dovere.
Infine, permane la flessibilità riguardo il reinvestimento dei fondi del PEPP (Pandemic Emergency Purchase Programme), lo strumento emergenziale inaugurato dalla BCE per combattere gli effetti della pandemia, e l’OMT (Outright Monetary Transactions), lo strumento, finora mai utilizzato, che Draghi annunciò nel 2012 con il suo famoso “Whatever it takes”.
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