La sede centrale della BCE a Francoforte sul Meno, in Germania.

Dal meeting della BCE andato in scena ieri non sono emerse novità di rilievo.

Infatti, quanto deciso in precedenza, ossia la promessa di porre fine agli acquisti netti di obbligazioni nel corso del terzo trimestre e, “qualche tempo dopo”, quella di una prima stretta monetaria da oltre un decennio, presumibilmente entro la fine dell’anno – sempre che la situazione in Ucraina non dovesse acuirsi – restano valide.

Come già scritto in altre circostanze, la massima autorità di politica monetaria dell’Eurozona si trova in una posizione complessa, tra la necessità di sostenere la ripresa dell’Area, dopo lo shock esogeno portato dalla pandemia, e quella di combattere la spirale inflazionistica – in questo momento il tasso di inflazione è di tre o quattro volte superiore al target – coincisa con l’aumento del prezzo delle materie prime, in particolar modo degli energetici, a cui la guerra in Ucraina ha fornito un boost decisivo.

Ed è proprio questo ultimo aspetto ad aver ritardato la normalizzazione della politica monetaria dell’Eurozona rispetto, per esempio, a Federal Reserve e Bank of England, legando di fatto le mani alla BCE: la dipendenza energetica da Mosca, in particolar modo della Germania, la prima economia dell’Eurozona, avrebbe rischiato di trascinare l’intera Area in stagflazione, ossia quel fenomeno che abbiamo imparato a conoscere circa mezzo secolo fa con le crisi petrolifere, quel fenomeno in cui persistono stagnazione economica ed alta inflazione. Rischio, per altro, tutt’altro che scongiurato.

In questa fase appare impossibile lanciarsi in previsioni che abbiano un qualche fondamento, per tali ragioni, Christine Lagarde, Presidente della BCE, non ha potuto far altro che limitarsi ad assicurare l’impegno da parte dell’Istituzione nel salvaguardare la stabilità finanziaria dell’Area Euro.

Questo almeno per quanto concerne le comunicazioni ufficiali.

Qualcosa però nei corridoi di Francoforte sul Meno sembra muoversi.

Pare infatti che la BCE stia progettando delle contromisure atte ad anticipare il riproporsi di shock asimmetrici, fuori dal controllo degli Esecutivi nazionali, che in passato tanto hanno fatto male alla stabilità dell’Area, rischiando di minare l’intera architettura della moneta unica.

Inutile specificare che il riferimento va agli spread, che tanto nella Crisi del Debito del 2010, quanto in quella legata al Covid-19, hanno diviso e destabilizzato l’Eurozona, con alcuni Paesi, quelli maggiormente indebitati, completamente in balìa della speculazione finanziaria.

Per una volta, quindi, la BCE, a solo un mese dalla conclusione del tanto discusso programma di emergenza pandemico (PEPP), si starebbe muovendo in anticipo, provando così a bloccare sul nascere l’insorgere di una nuova crisi.

Il nuovo strumento, sul quale vige il più assoluto riserbo, potrebbe essere una svolta decisiva per l’Eurozona, che in passato si è sempre trovata a rincorrere gli eventi, con i vertici costretti ad ingegnarsi per trovare dei buchi normativi nell’ingombrante mandato che vincola enormemente la loro azione.

L’Istituzione potrebbe così finalmente muoversi su binari più convenzionali, anziché appoggiarsi sul carisma di chi in quel momento la guida, con il rischio di restare impantanati in lunghi e contorti ricorsi.

In altre parole, il “Whatever It takes” ci ha salvato, ora però mettiamo le cose nero su bianco, non tutti sono Draghi ed i limiti comunicativi della Lagarde durante la prima fase della pandemia li hanno abbiamo visti tutti.

Sebbene, come detto, non si hanno ancora informazioni a riguardo, è lecito ritenere che questa nuova arma in dotazione della BCE si poggerà anche stavolta sull’acquisto di titoli, allo scopo di tenerne a freno i rendimenti. Per la verità, al momento, sebbene essi siano aumentati ad un livello mai così alto dal 2018, il loro differenziale tra i vari Paesi membri, in particolare rispetto al benchmark tedesco, si è mantenuto piuttosto stabile.

Ma è nei periodi di quiete che ci si prepara alla tempesta, a Francoforte sembrano aver imparato la lezione.

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