Questa settimana Riksbank ha tagliato per la prima volta il livello dei tassi in otto anni, portandoli dal 4 al 3.75%, nel tentativo di dare respiro all’economia svedese, in affanno nell’ultimo periodo.
Il generale inasprimento delle politiche monetarie delle maggiori economie del pianeta, resosi necessario dalla preoccupante spirale inflazionistica post-covid, aveva fatto particolarmente male all’economia svedese, in particolare nel settore immobiliare, a causa dell’elevata percentuale di mutui a tasso fisso di breve termine, che aveva costretto i cittadini svedesi a rifinanziarsi a tassi sensibilmente più elevati di quanto fatto in precedenza. Ne avevo parlato circa un anno fa in questo articolo.
Si tratta di una mossa che gran parte degli osservatori aveva previsto, una mossa alla quale, stando a quanto affermato dalla massima istituzione di politica monetaria della Svezia, dovrebbero seguire ulteriori due tagli da qui alla fine dell’anno.
“L’inflazione si sta avvicinando all’obiettivo mentre l’attività economica è debole” ha dichiarato Erik Thedeen, chairman di Riksbank, che però, com’era prevedibile, mette sotto pressione la corona svedese, già tra le peggiori valute del G10 quest’anno: -7.5% contro il dollaro statunitense e -5% rispetto all’euro.
Tale taglio fa il paio con quello operato di recente da SNB (Swiss National Bank) – quest’ultima però non nuova a sorprendere i mercati – e quelli delle banche centrali di Repubblica Ceca e Ungheria, che denotano la crescente volontà da parte dell’Europa di invertire la storica tendenza che le vedeva seguire a ruota quanto annunciato dalla Federal Reserve. La stessa BCE, nella prossima riunione di giugno, dovrebbe anticiparla, questo perché, a differenza di quanto osservato nel Vecchio Continente, la crescita statunitense appare ancora sostenuta, al punto da spingere alcuni analisti a prevedere addirittura un’ulteriore stretta anziché gli annunciati tagli.
Tassi alti a lungo al di là dell’oceano, uniti alle tensioni geopolitiche e, come detto, alla svalutazione della corona, pongono dei problemi non trascurabili per una piccola economia aperta qual è la Svezia, fattori che rischiano di sortire una nuova accelerata sul fronte inflazione. Non si dimentichi, inoltre, che più di due terzi delle importazioni della Svezia e la metà delle sue esportazioni sono scambiate con l’Unione Europea, e ciò rende l’economia scandinava particolarmente sensibile all’andamento dell’euro e, dunque, alle decisioni di politica monetaria della BCE.
Infine, uno sguardo alla vicina Norvegia, anch’essa alle prese con una valuta debole. A differenza di Riksbank, la scorsa settimana Norges Bank ha annunciato l’intenzione di mantenere i tassi invariati per il prossimo futuro, almeno fino alla fine dell’anno, e ciò la renderà una delle ultime grandi banche centrali ad allentare la propria politica monetaria.
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