Kazuo Ueda è il nuovo Governatore di Bank of Japan.

da | Apr 15, 2023 | Politica economica | 0 commenti

Kazuo Ueda, neo Governatore di Bank of Japan.

La settimana che sta per concludersi ha sancito il passaggio di testimone al vertice di Bank of Japan e, con ogni probabilità, anche la fine dei tassi zero nel Sol Levante.

Haruhiko Kuroda lascia dopo ben 3.670 giorni, il lasso di tempo più lungo dalla fondazione dell’Istituzione nel lontano 1882.

Nominato per la prima volta nel 2013, Kuroda è stato l’unico Governatore ad ottenere un secondo mandato da quando, nel 1998, BoJ ottenne l’indipendenza formale dall’Esecutivo.

Indipendenza, però, che non ha impedito una stretta collaborazione tra le parti, tutt’altro.

Con il compianto ex Premier Shinzo Abe, infatti, Kuroda ha inaugurato tutta una serie di provvedimenti non convenzionali, provvedimenti che hanno ispirato i banchieri centrali di tutto il mondo, nel tentativo di far uscire il Paese da una profonda deflazione.

A sinistra, l’ex Premier, Shinzo Abe, a destra il Governatore uscente di BoJ, Haruhiko Kuroda.

Si può dire che il Giappone in questi anni ha dimostrato come la politica monetaria, senza il supporto di quella fiscale, non sia (più?) in grado di rimettere sui giusti binari l’economia di un Paese, con buona pace del monetarismo più ortodosso.

E così, il quantitative easing lanciato nel 2013, a cui è si aggiunse nel 2016 il controllo della curva dei rendimenti, sono diventati elementi centrali dell’Abenomics, il mastodontico piano attraverso il quale l’allora ex Premier giapponese provò, con fortune alterne, a far ripartire la crescita del Paese.

Un piano che, data la complessità e la portata – si ricordi che BOJ da allora ha acquistato 465 trilioni di yen, l’equivalente di 3,55 trilioni di dollari statunitensi – non poteva non nascondere effetti collaterali, di cui, presto o tardi, il neo Governatore di BoJ, Kazuo Ueda, dovrà occuparsi.

Ueda, primo Governatore, dal dopoguerra, a provenire dal mondo accademico, avrà non solo il compito di mantenere il tasso di inflazione al livello target del 2%, obiettivo – lo insegna la recente storia del Paese – tutt’altro che scontato da raggiungere, ma soprattutto quello di tracciare un percorso verso la normalizzazione della politica monetaria del Sol Levante.

Un percorso lungo, graduale…

Un percorso che, a dispetto di quanto ipotizzato ed auspicato dai mercati, sarà lungo e graduale.

Nel corso dell’audizione di conferma in Parlamento, Ueda ha infatti sottolineato la necessità per il momento di mantenere una politica monetaria accomodante, lasciando però aperta la porta al cambiamento del controllo della curva dei rendimenti – le prime stime dicono avverrà in settembre – principale responsabile del moribondo andamento del mercato obbligazionario interno.

Ricordiamo che i tassi di interesse a breve termine in questo momento sono a -0,1%, mentre quelli di lungo periodo, attraverso il massiccio acquisto di titoli di stato a 10 anni, sono tenuti artificialmente intorno allo zero.

L’interventismo attuato da Kuroda nell’ultimo decennio, secondo i critici, più che a raggiungere il target inflazionistico – ottenuto e superato, al momento, solo grazie all’aumento del prezzo degli energetici – ha aiutato l’Esecutivo a finanziarsi a buon mercato, aumentando dunque a dismisura la spesa pubblica.

Tali misure hanno finito per drogare l’economia del Giappone, ritardandone le necessarie riforme. Secondo Martin Schulz, capo economista di Fujitsu, “La politica ha scambiato l’antidolorifico (allentamento monetario) con la medicina (riforme strutturali)”.

Rendimenti intorno allo zero o addirittura sotto hanno portato molti investitori a dirottare i propri risparmi all’estero, alla ricerca di opportunità più interessanti. Si stima che in questi anni dal Giappone siano usciti l’equivalente di 3,4 trilioni di dollari.

Gli investitori giapponesi sono così diventati i maggiori detentori di titoli del Tesoro al di fuori degli Stati Uniti, nonché proprietari di circa il 10% del debito australiano e delle obbligazioni olandesi. Possiedono anche l’8% dei titoli della Nuova Zelanda e il 7% del debito del Brasile, secondo quanto stimato da Bloomberg.

…e ricco di insidie.

Cosa accadrebbe se tali capitali, spinti dal cambiamento della politica monetaria nel Sol Levante, nonché le scarse performance fatte registrare dai mercati obbligazionari internazionali ed i timori di nuove crisi di liquidità da parte degli istituti bancari statunitensi e non solo, ritornassero improvvisamente in patria? Se lo stanno chiedendo in tanti.

Un ritorno che, stando al grafico di seguito riportato, sarebbe in realtà già iniziato lo scorso anno a causa delle speculazioni sull’imminente inversione della politica monetaria giapponese, salvo poi attenuarsi nell’ultimo periodo, con gli analisti convinti che Ueda preferirà perseguire ancora per un po’ la strada tracciata dal suo predecessore, privilegiando quindi la stabilità finanziaria alla normalizzazione della politica monetaria, che pure dovrà prima o poi avvenire.

Quando accadrà, gli istituti bancari di tutto il mondo saranno pronti? Una domanda da un milione di dollari.

Concludo dandovi appuntamento alla prossima riunione del board di BoJ, la prima presieduta da Ueda, che si terrà il 27-28 aprile.

Grazie per la lettura, al prossimo articolo.

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