La Banca Centrale Russa ha appena annunciato un aumento dei tassi dal 9.5% al 20% nel tentativo di sostenere l’economia del Paese dalle impressionanti sanzioni, stimate in 1.5 trilioni di dollari, imposte dall’Occidente e che hanno coinvolto la stessa Istituzione. Si tratta della più imponente misura messa in atto dalla massima istituzione di politica monetaria russa da quasi due decenni.
L’altra misura importante annunciata dal Governatore Elvira Nabiullina attiene ad una serie di controlli sul flusso di capitali: per il momento è stata vietata ai broker la vendita di titoli detenuti da cittadini stranieri ed è anche stata introdotta la vendita obbligatoria in entrata in valuta forte per chi esporta. Per il momento la negoziazioni alla Borsa di Mosca sono sospese.
Pare che anche il regime di cambio flessibile, in vigore dal 2014, sia stato parzialmente accantonato.
Nel pomeriggio, alle 16 orario locale, le 14 italiane, Nabiullina dovrebbe tenere una conferenza stampa per spiegare i provvedimenti intrapresi.
Sintetizzando, la Banca Centrale russa non vuole ritrovarsi inondata di rubli che nessuno più vuole.
La valuta russa è infatti in caduta libera: in poche ore il rublo ha già perso oltre il 20% del suo valore rispetto al dollaro. Si tratta del più forte deprezzamento dal 1998.
Intanto, già da ieri, si registrano code agli sportelli ATM: con la cacciata dal sistema SWIFT dei più importanti istituti finanziari del Paese, i cittadini russi temono che presto non potranno più effettuare, né ricevere pagamenti.
Per combatterne la svalutazione, Nabiullina non dovrebbe poter contare neppure su gran parte delle riserve detenute dall’Istituzione che presiede, stimate in 640 miliardi di dollari, così come dovrebbe essere limitata la sua capacità di attingere ai circa 20 miliardi di dollari che si ritenga essa detenga presso la Bank for International Settlements, quella che viene descritta come la “Banca Centrale delle banche centrali”.
Se, come sembra, la Russia non potrà accedere a tali riserve, sarà ancor più dipendente del gas; e senza la valuta estera ottenuta dalla sua vendita, l’economia russa ha le ore contate.
La Russia negli ultimi anni aveva già provato a ridurre la sua dipendenza dal dollaro – la sua banca centrale, nel giugno del 2021, deteneva ancora il 16,4% delle sue disponibilità nella valuta statunitense, in calo rispetto al 22,2% dell’anno precedente – non quella nei confronti dell’euro, salita al 32.2%.
Il punto è che, oltre al dollaro, per la Russia ora sarà difficile scambiare il suo rublo anche con euro, sterlina inglese, yen giapponese e, se confermato, anche con il franco svizzero. La decisione della Svizzera, da sempre mostratasi neutrale, è attesa nel pomeriggio.
Insomma, tutte le valute più scambiate sui mercati internazionali, yuan cinese escluso.
Cattive notizie anche sul fronte agenzie di rating: Standard & Poors’ ha già abbassato il rating della Russia da BB+ a BBB-, quindi al di sotto del livello considerato “spazzatura”, mentre Moody’s, che al momento lo valuta giusto una tacca sopra (Baa3), ha messo in revisione il Paese per un downgrade.
L’esclusione, come detto, dal sistema SWIFT dei più importanti istituti finanziari russi dovrebbe ulteriormente soffocare il sistema bancario del Paese.
La Russia potrebbe presto finire in default e la sua economia “dollarizzata“, alla stregua di Zimbabwe e Venezuela.
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