Vi spiego cos’è lo SWIFT.

da | Feb 26, 2022 | Politica economica | 0 commenti

Manifestanti ucraini chiedono l’estromissione della Russia dal sistema SWIFT.
(Photo by JOHN MACDOUGALL/AFP via Getty Images)

Lo SWIFT (Society for Worldwide Interbank Financial Telecommunications) è un sistema di messaggistica istantaneo, utilizzato da banche ed altri istituti finanziari di tutto il mondo per inviare e ricevere informazioni in modo accurato, rapido e sicuro.

La gran parte delle istruzioni per il trasferimento di denaro nel mondo avvengono proprio mediante tale sistema: più di 11.000 istituzioni in 200 Paesi nel mondo utilizzano il sistema SWIFT, quasi 40 milioni di transazioni al giorno avvengono tramite tale piattaforma, ad una crescita annua costante.

È stato ufficialmente istituito nel 1973 dall’omonima società ed ha sede a Bruxelles, in Belgio.

Le prime notizie riguardo la volontà di creare un sistema di messaggistica universale risalgono già alla fine degli anni ’60, ad opera della SFE (Société Financière Européenne), un consorzio di sei grandi banche situate in Lussemburgo e a Parigi.

Come funziona?

Ciascuna istituzione membra detiene un codice ID univoco da 8/11 cifre, denominato BIC (Bank Identifier Code) o direttamente SWIFT, ed è così composto:

  • I primi quattro caratteri identificano il codice dell’istituto (Es. BCIT per Intesa San Paolo).
  • I successivi due caratteri rappresentano il prefisso internazionale ( Es. IT per il paese Italia).
  • I seguenti due identificano invece la città. (Es. MM per Milano)
  • Infine, gli ultimi tre caratteri, facoltativi, vengono utilizzati dall’organizzazione per individuare le singole filiali.

Dunque, quando dobbiamo effettuare un bonifico, la nostra banca invierà un messaggio SWIFT alla filiale della banca del soggetto ricevente, la quale, una volta ricevuto il messaggio relativo al pagamento in entrata, provvederà a cancellare e ad accreditare il denaro sul conto della controparte.

Tale sistema ha sostituito il suo predecessore Telex, il quale era caratterizzato da bassa velocità, problemi di sicurezza ma, soprattutto, non disponeva di un sistema di codice univoci. Ciò significa che ogni transazione andava descritta e dunque interpretata dalla controparte, dunque maggiormente soggetta ad errore umano.

È bene sottolineare che trattasi di mero strumento di messaggistica, la piattaforma SWIFT non detiene fondi o titoli, né, tantomeno, gestisce i conti corrente dei clienti.

Chi lo finanzia?

SWIFT è una società cooperativa di proprietà di tutti i membri che ne fanno uso. Ciascuno di essi è tenuto al pagamento di una quota di adesione una tantum, a cui si aggiunge un abbonamento annuale, il cui importo varia a seconda della tipologia di organizzazione, e uno in base al tipo di messaggio inviato e alla sua lunghezza.

Da chi è controllato?

Sebbene la società SWIFT si definisca politicamente neutrale, è per forza di cosa influenzata dai Paesi le cui istituzioni utilizzano maggiormente il sistema. Nel 2018, per esempio, su richiesta degli Stati Uniti, l’Iran ne venne estromesso anche a fronte delle resistenze di alcuni partner europei. Quello dell’Iran è al momento l’unico precedente. In altri casi non si è mai andato oltre le minacce, come nel 2014, quando si parlò dell’estromissione della stessa Russia dopo l’invasione della Crimea.

Perché se ne parla così tanto?

L’esclusione dal sistema SWIFT della Russia, dopo l’invasione dell’Ucraina da parte del dittatore Vladimir Putin, è in queste ore una delle ipotesi sul tavolo dei leader occidentali.

Il Comunicato della Casa Bianca datato 12 febbraio in cui, seppur velatamente, “swift” in italiano si traduce rapido, veniva fatto un primo riferimento al sistema SWIFT.

Esistono alternative allo SWIFT?

Sì, esistono ma non sono ugualmente diffuse e sofisticate.

La Russia, per esempio, ha il sistema denominato SPSF (“System for Transfer of Financial Messages”, in russo “Система передачи финансовых сообщений”), mentre la Cina il CIPS (Cross-Border Inter-Bank Payments System).  

È chiaro che la vera forza del sistema SWIFT, più che nella tecnologia in sé, sta nello strapotere del dollaro come valuta di riserva: non esiste al mondo titolo, commodity o moneta stessa, che non venga scambiato con il biglietto verde.

Quali sarebbero gli effetti dell’estromissione dallo SWIFT della Russia?

Data l’importanza della Russia nell’economia globale – nulla a che vedere con gli altri Paesi in passato messi sotto torchio dagli Stati Uniti, vedi Cuba o il succitato Iran – in particolare dal punto di vista energetico, basti pensare che il 35% del gas in Europa arriva dalla Russia, una sua estromissione dal sistema SWIFT si ripercuoterebbe non solo sulla sua economia, che avrebbe per esempio difficoltà ad esportare gas e petrolio, i quali occupano una posizione estremamente rilevante nella bilancia commerciale russa, ma anche sui Paesi che importano tali risorse: noi europei. La Russia, inoltre, ospita circa 350 miliardi di dollari di asset europei, mentre i crediti detenuti dalle nostre banche sui cittadini russi residenti ammontano a 56 miliardi di dollari, i quali, con ogni probabilità, sarebbero oggetto di ritorsioni da parte del Cremlino.

Volendo sintetizzare, la Russia è il quinto partner commerciale dell’Unione Europea.

Come ha scritto ieri l’ex Presidente americano Barack Obama in una nota sui propri social, ciò sarebbe il prezzo da pagare per essere dalla parte della libertà.

Questo, per quanto concerne il breve periodo.

Nel lungo, invece, un’estromissione della Russia dallo SWIFT darebbe probabilmente una chance al sistema cinese di conquistare terreno: ad oggi con il CIPS vengono scambiati circa 50 miliardi di dollari al giorno, contro i circa 400 miliardi dello SWIFT, se nel giro di un decennio il sistema cinese dovesse raggiungerlo in dimensioni, il dominio finanziario globale degli Stati Uniti potrebbero essere a rischio.

È anche per questa ragione se finora gli Stati Uniti ed i partner europei si stanno concentrando su misure meno eclatanti ma non per questo meno efficaci. L’inserimento degli istituti russi di importanza sistemica, nonché degli esponenti della Duma che hanno votato per l’invasione, in una black list, il congelamento di beni posseduti all’estero da alcuni oligarchi russi, così come lo stop all’importante gasdotto Nord Stream 2 annunciato dalla Germania, sono tutti tentativi per mettere pressione al Cremlino, senza il rischio di compromettere l’architettura finanziaria globale.

L’approccio scelto è orientato alla gradualità, se la situazione dovesse perdurare, non è escluso che le sanzioni possano ulteriormente inasprirsi, per esempio, impedendo che i titoli sovrani russi possano essere negoziati alla City di Londra.

Per quanto ci riguarda, non possiamo far altro che augurarci che questo ennesimo incidente della storia si concluda presto e nel migliore dei modi, un pensiero al popolo ucraino.

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