Con una riunione a sorpresa del board, Reserve Bank of India ha annunciato nella giornata di mercoledì l’aumento dei tassi (repo rate) con effetto immediato di 40 punti base, portandoli al 4.40%.
“Mentre la guerra [in Ucraina] si avvicina e le sanzioni e le azioni di ritorsione si intensificano, la carenza, la volatilità nei mercati finanziari e delle materie prime, le dislocazioni dell’offerta e, cosa più allarmante, le pressioni inflazionistiche persistenti e diffuse stanno diventando ogni giorno più acute”, ha commentato il governatore di RBI, Shaktikanta Das.
Una stretta monetaria, con un tasso di inflazione ai massimi da 17 mesi, visto in marzo al 6.95% (i dati di aprile non sono stati pubblicati), era ampiamente prevista per la prossima riunione del board in programma a giugno, gli analisti l’avevano quantificata in 25 punti base.
Con decisione unanime, invece, RBI non ha solo anticipato la stretta ma l’ha pure ampliata.
Ciò porta anche ad una variazione al rialzo delle previsioni: se prima si riteneva che il livello dei tassi si sarebbe assestato al 5% entro la fine dell’anno, ora essa si spinge al 5.65%, mentre per il 2023 si potrebbe arrivare al 6.15%.
Il tasso di riferimento indiano era rimasto invariato negli ultimi due anni: bisogna infatti tornare indietro al maggio del 2020, quando Das optò per un taglio al 4% per alleviare lo shock pandemico.

L’inasprimento delle rispettive politiche monetarie dei Paesi sviluppati per combattere la spirale inflazionistica, guidato dalla Federal Reserve statunitense, a cui al momento fa eccezione il solo Giappone, dovrebbe portare ad un deflusso di capitali dai Paesi in via di sviluppo, tra questi l’India, e ad un deprezzamento delle rispettive valute. Con esse, le stime di crescita dell’economia mondiale, già viste al ribasso, rischiano di entrare in territorio negativo.
La stagflazione, ossia quel fenomeno in cui coesistono bassa crescita e alta inflazione appare al momento difficilmente scongiurabile.
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