Mentre le principali banche centrali d’Occidente sono ormai avviate verso un incremento del ritmo con cui inaspriranno le rispettive politiche monetarie – a tal proposito, la prossima settimana la Federal Reserve statunitense dovrebbe annunciare un aumento dei tassi di mezzo punto base – per contrastare la spirale inflazionistica, conseguenza dello shock pandemico prima e di quello derivante dal conflitto in Ucraina poi, Bank of Japan pare ancorata nel mantenere una posizione accomodante, la stessa che ha contraddistinto la sua azione da ormai due decenni.
Questo almeno è quanto emerge dall’ultimo meeting del board della massima Istituzione di politica monetaria giapponese andato in scena nelle prime ore del mattino (ora italiana).
Sebbene l’inflazione, quella importata, cominci a far capolino anche nel Sol Levante (+0.8% rispetto all’anno precedente, il più grande aumento degli ultimi 26 mesi), e con essa l’indebolimento dello yen sul dollaro – la valuta nipponica è scesa a 130 contro la valuta statunitense per la prima volta in 20 anni nel trading pomeridiano a Tokyo – il Governatore di BoJ, Haruhiko Kuroda, non pare disposto ad introdurre alcun meccanismo di flessibilità nella sua strategia, aggiungendo anzi che uno yen debole sarà positivo per la salute dell’economia giapponese.
Se questo, da un lato, è senz’altro vero per un Paese decisamente votato all’export come il Giappone, dall’altro è vero anche che l’incremento dei costi dell’energia sui mercati internazionali, di cui l’industria giapponese necessita, rischia di acuire ulteriormente la spirale inflazionistica.
Considerando la perenne deflazione con cui il Giappone convive da decenni, contro cui nessuna delle politiche espansive messe in atto – monetarie e fiscali – ha davvero avuto un qualche risultato, non si tratta di una condizione troppo preoccupante, almeno a mio modo di vedere.
Poi, certo, un tasso di inflazione che, secondo le previsioni, dovrebbe sfiorare nell’anno fiscale appena cominciato il fatidico target del 2% – fermandosi all’1.9% rispetto alle previsioni di appena un mese fa in cui veniva dato all’1.1% – avrà sicuramente delle ripercussioni sulla crescita del PIL del Paese, “visto” in calo a +2.9% rispetto al +3.8% di tre mesi fa.
Come già visto in Eurozona e non solo, il tema ricorrente nelle discussioni di politica monetaria degli ultimi mesi è come contrastare l’inflazione senza danneggiare la ripresa del post pandemia, nel Sol Levante già di per sé più lenta che altrove.
L’impegno dunque ad acquistare ogni giorno titoli di Stato giapponesi a dieci anni in maniera illimitata e ad un tasso fissato allo 0.25% resta saldo, Kuroda sembra proprio non voler farsi sfuggire questa imprevista possibilità di riportare il Giappone su terreni più convenzionali, costi quel che costi.
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