
Nella giornata di ieri, National Bank of Poland ha annunciato il taglio del tasso di riferimento di 75 punti base, portandolo dal 6.75% al 6%, nonostante il tasso di inflazione sia ancora ad un livello piuttosto alto (intorno al 10%) e dunque lontanissimo dal target fissato dall’Istituzione al 2,5%.
Si tratta del primo taglio dal maggio del 2020.
Una decisione assai discutibile, che avviene alla vigilia di un passaggio elettorale importante per la Polonia, il tentativo da parte del partito conservatore di mantenere la guida del Paese per un terzo storico mandato, e che rappresenta, di fatto, la discesa in campo della Banca Centrale a suo sostegno.
Si tratta di un argomento diverse volte affrontato dal sottoscritto su queste pagine, soprattutto in relazione alla Turchia, il cui Presidente, Recep Tayyip Erdoğan, ha a più riprese minacciato e licenziato i banchieri centrali contrari alle sue posizioni eterodosse.
L’indipendenza della politica monetaria da quella fiscale rappresenta uno dei capisaldi della moderna dottrina economica, il fatto che le decisioni di un banchiere centrale siano subordinate alle esigenze di un politico è gravissimo, dato che la banca centrale ha nella maggior parte dei casi obiettivi con un orizzonte temporale medio-lungo, su tutti quello della stabilità dei prezzi, che nulla ha a che vedere con le velleità di un Esecutivo di essere rieletto.
La mossa di abbassare i tassi darà certamente sollievo a chi ha visto lievitare l’importo delle rate del proprio mutuo negli ultimi mesi, probabilmente aiuterà la ripresa economica del Paese, ma rischia di creare una pressione inflazionistica ancora maggiore in un momento in cui i cittadini polacchi stanno già soffrendo l’aumento dei prezzi del cibo, degli affitti e di altri beni e servizi.
La moneta polacca, lo zloty, ne ha già risentito perdendo terreno rispetto al dollaro e all’euro.

La collocazione geografica della Polonia, nonché il suo deciso supporto all’Ucraina, di certo sono elementi che non mettono il Paese al riparo dalla propaganda del Cremlino: lo scorso maggio, quando l’inflazione era ancora più in alto, al 16%, National Bank of Poland affisse degli enormi striscioni sulla sua sede di Varsavia con l’intento di spiegare alla cittadinanza che l’inflazione non era causata dall’operato di Banca Centrale e Governo, come da narrazione del Cremlino, bensì dall’aumento del costo delle materie prime, diretta conseguenza della guerra voluta proprio dai russi e della pandemia da Covid-19; c’è sicuramente del vero in tutto ciò, se però abbassi i tassi di riferimento con un’inflazione ancora a doppia cifra, le responsabilità sono quantomeno da dividere.
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