Il quartier generale di Aroundtown SA a Francoforte (Germania).

Il leitmotiv della politica monetaria europea – e non solo – dell’ultimo decennio è stato sicuramente quello dei “tassi zero”.

Al fine di offrire supporto alla ripresa economica, infatti, prima a causa della crisi finanziaria, poi di quella pandemica, le Istituzioni di politica monetaria hanno notevolmente favorito la concessione di denaro a prestito a famiglie e imprese, con il risultato di finanziare, implicitamente, anche ciò che a condizioni normali probabilmente nessuno si sarebbe mai sognato di finanziare.

Si dirà, effetti collaterali del “quantitative easing”, sta di fatto che un periodo di tassi troppo bassi, troppo a lungo, ha portato ad una mole spropositata di denaro in circolo, molto del quale concesso a tasso variabile, all’epoca la modalità più profittevole.

Il repentino rialzo dei tassi, resosi necessario per ridurre tale mole di denaro e gli effetti che essa ha generato – un’inflazione a doppia cifra come non si vedeva dagli anni ’70 – ha reso improvvisamente complicato per tanti debitori ripagare i prestiti contratti: le rate dei mutui sono via via lievitate, portando un numero crescente di essi a risultare inadempienti.

Chiaro che, se molti debitori cominciano a risultare inadempienti, le banche, da un lato, vanno incontro a perdite, che possono acuirsi se si innesca il panico tra i risparmiatori e la consueta “corsa agli sportelli“, dall’altro, si trovano costrette ad inasprire ulteriormente le condizioni a cui erano solite concedere prestiti (credit crunch), da cui deriva un calo delle richieste di mutui e, di conseguenza, dei valori delle attività e la necessità di aumentare gli accantonamenti per rispondere al peggioramento del rapporto tra prestito erogato e valore dell’immobile posto a garanzia. Insomma, un cane che si morde la coda.

La situazione, inoltre, non può che diventare emergenziale se le banche sono di piccole dimensioni e settoriali, ossia specializzate in particolari ambiti dell’attività economica, nel caso specifico in operazioni immobiliari – vedi il calo dei redditi di locazione nel caso di timori di una recessione imminente – o, come visto oltreoceano di recente con Silicon Valley Bank, nel venture capital.

Al momento, si stima che a livello globale ben 175 miliardi di credito immobiliare siano entrati in sofferenza. E questo sembra essere solo l’inizio, dato che il settore ha già subito perdite importanti negli ultimi mesi.

L’indice Stoxx 600 Real Estate, che tiene traccia di 33 azioni, ha registrato un calo di oltre il 40% nell’ultimo anno, spazzando via oltre 100 miliardi di euro ($ 108 miliardi) di valore di mercato. Dal punto di vista delle valutazioni, le azioni immobiliari europee sono scambiate intorno ai livelli visti l’ultima volta durante la crisi finanziaria globale.

A tutto ciò dovrebbero poi aggiungersi gli investimenti necessari a rendere le case green, dunque commerciabili, come previsto dalla recente approvazione della direttiva europea sul tema, ed il prevedibile crollo delle valutazioni di quelle che non lo saranno.

Il primo campanello d’allarme in Svezia…

Lo scoppio di una bolla immobiliare in Europa non è un tema nuovo.

Le prime avvisaglie si erano avute in Svezia, Paese che negli ultimi vent’anni ha fatto registrare un +250% dei prezzi delle case – alimentato da costi di prestito ridottissime e una carenza di immobili in affitto – tanto che le stime di crescita del Fondo Monetario Internazionale pongono il Paese scandinavo in coda alla classifica, con una contrazione del Pil dello 0.5% nel 2023.

Il denaro concesso a buon mercato e un’economia in continua crescita avevano finora mascherato le difficoltà, sebbene l’ex Governatore di Sveriges Riksbank, Stefan Ingves, avesse criticato la tassazione riservata alle proprietà immobiliari, tra le più basse al mondo.

La Svezia, tra l’altro, ha da tempo disatteso il suo impegno costituzionale di fornire un posto accessibile in cui vivere a tutti i suoi 10,4 milioni di abitanti: l’offerta di abitazioni non è riuscita a tenere il passo con la domanda ed i tempi medi di attesa per un appartamento a canone calmierato sono ora di 9,2 anni, ma possono allungarsi fino a 20 anni in alcune parti della capitale.

Questa condizione ha comportato il proliferare del mercato nero e disordini sociali.

Come se non bastasse, il più grande fondo pensione svedese, Alecta, ha subito una perdita di ben 2 miliardi di dollari a seguito del crollo della Silicon Valley Bank e delle altre banche regionali statunitensi.

…il secondo in Germania.

Le difficoltà nell’immobiliare si sono poi presto estese in Germania, con la società immobiliare tedesca Aroundtown SA, che investe in immobili commerciali e residenziali, che ha già fatto registrare la peggiore performance azionaria europea di quest’anno dopo Credit Suisse AG, avendo perso più della metà del suo valore da metà gennaio, il 75% dallo scorso anno, superando le perdite di SBB AB, diventata il manifesto della crisi immobiliare svedese.

Forse, anziché ostinarsi ad investire nel tanto caro mattone, sarebbe il caso di destinare parte dei propri risparmi in uno di quei fondi specializzati in distressed debt, ne abbiamo anche noi qualcuno in distribuzione.

Se invece volete credere alla solita storia del “Stavolta sarà diverso…”, mettetevi comodi, lo scopriremo insieme.

Hai trovato questo articolo interessante?

Nel ringraziarti per la lettura, ti invito a mettere un like alla pagina Facebook di sostegno al blog o ad iscriverti alla newsletter, sarai avvisato riguardo le future pubblicazioni. Ti invito inoltre a dare uno sguardo alla sezione del sito relativa alla mia attività di consulente finanziario.