Che succede in Regno Unito?

da | Set 28, 2022 | Politica economica | 0 commenti

La neo Premier inglese, Liz Truss.

Succede che la politica fiscale è entrata in contrasto con quella monetaria.

E, affinché vi sia una corretta trasmissione della politica economica, questo non dovrebbe mai accadere.

Se da un lato, infatti, Bank of England, così come gran parte delle banche centrali del mondo, sta aumentando – da mesi e a ritmo costante – il costo del denaro allo scopo di raffreddare l’economia del Regno Unito ed arginare così la preoccupante spirale inflazionistica, dall’altro la nuova Premier conservatrice, Liz Truss, lo scorso venerdì ha annunciato un poderoso piano di tagli fiscali per i prossimi 5 anni da ben 161 miliardi di sterline, con l’obiettivo ambizioso di ridare slancio alla crescita economica del Paese.

Nello specifico, i tagli, oltre che essere in deficit, si concentrano sulle fasce della popolazione più ricche: l’aliquota più alta dell’Income Tax (45%), l’equivalente della nostra IRPEF, è stata eliminata – chi guadagna di più sarà ora assoggettato allo scaglione inferiore, corrispondente all’aliquota del 40% – mentre quella base del 20% vedrà una riduzione di un solo punto percentuale, al 19%.

In altri termini, l’imposta sul reddito nel Regno Unito diventerà meno progressiva.

Inoltre, Liz Truss ha comunicato l’intenzione di abolire l’aumento delle imposte societarie (dal 19% al 25%) e quello dei contributi sociali sul lavoro, che erano stato promosso dal Governo uscente al fine di aumentare i fondi al servizio sanitario nazionale (NHS). L’imposta di bollo sull’acquisto degli immobili verrà tagliata, in alcuni casi del tutto rimossa, e verrà eliminato anche il tetto al bonus dei banchieri della City. Queste, in sintesi, le misure di maggior rilievo.

Il Governo inglese ritiene che questo shock fiscale produrrà un deciso boost all’economia del Paese – si stima una crescita tendenziale del PIL al 2,5% – che metterà la parola fine ad un decennio di crescita debole e alle cupe previsioni di BoE per il prossimo futuro.

L’ambizioso piano però non sembra incontrare il favore dei più, a cominciare dai laburisti, che l’hanno etichettato “Economia da casinò”, fino al Fondo Monetario Internazionale, il quale, in un’inusuale presa di posizione, ha invitato il Governo inglese a ritirare le misure, avvertendo che esse “rischiano di aumentare le disuguaglianze“. Poco più tardi è arrivata anche la bocciatura di Moody’s, secondo cui “Il piano rischia di danneggiare in maniera permanente le finanze pubbliche del Paese.”

I mercati sembrano dello stesso avviso: la sterlina è crollata sotto $ 1,11 per la prima volta dal 1985, mentre i rendimenti sono schizzati alle stelle. “È estremamente insolito che una valuta del mercato sviluppato si indebolisca mentre i rendimenti aumentano drasticamente”, ha affermato George Saravelos, responsabile globale della ricerca sui cambi presso Deutsche Bank AG, aggiungendo che il mercato sta trattando la sterlina come una valuta di un Paese in via di sviluppo.

L’andamento del cambio GBP/USD negli ultimi 5 giorni. Fonte: Yahoo Finance

Bank of England, che appena due giorni fa aveva escluso un suo intervento, dichiarando che qualsiasi decisione sarebbe stata presa rispettando il calendario prefissato, è dovuta correre ai ripari, acquistando poco più di 1 miliardo di sterline di titoli con scadenza 20 anni o più. L’annuncio degli acquisti ha avuto un impatto immediato sul mercato dei gilt, portando i rendimenti a 30 anni al loro più grande calo mai registrato. “Gli acquisti saranno effettuati su qualsiasi scala sia necessaria”, ha affermato BoE, con un linguaggio che ha ricordato il “Whatever it takes” dell’ex presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi.

Le operazioni, che continueranno tutti i giorni feriali fino al 14 ottobre, comporteranno anche un ritardo al piano di normalizzazione del bilancio dell’Istituzione annunciato di recente.

Le rassicurazioni da parte dell’Esecutivo non sono tardate ad arrivare, peccato che ricordino tanto i proclami dei partiti sovranisti nostrani sulla flat tax, ossia che che la drastica riduzione della tassazione porterà ad una crescita così sostenuta da compensare il mancato gettito fiscale. Peccato che la storia recente, e non solo, ci insegni che piani simili lascino soltanto voragini monstre a cui, nel nostro caso, sono chiamati a metterci una pezza governi tecnici o di emergenza nazionale, per poi essere biasimati poco dopo dai responsabili stessi del dissesto.

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