BCE, lo spauracchio stagflazione.

da | Mar 11, 2022 | Politica economica | 0 commenti

Christine Lagarde, Presidente della Banca Centrale europea.

Nei manuali di macroeconomia, quando si fa riferimento ad uno shock esogeno, gli esempi proposti sono essenzialmente due: una pandemia e una guerra.

È incredibile come questi esempi, spesso concepiti come delle iperboli, si siano verificati entrambi ed in un lasso di tempo così breve.

Quindi, alle difficoltà affrontate dai banchieri centrali sul da farsi, ossia sulla scelta tra il cominciare il processo di normalizzazione della politica monetaria subito, con il rischio che le strozzature nelle catene di approvvigionamento soffochino la debole crescita economica, e l’attendere ancora un po’ in modo che essa possa rinforzarsi, ecco aggiungersi la variabile “guerra” e le sanzioni che ne stanno derivando.

Se prima c’era preoccupazione sulle stime di crescita, ora comincia a serpeggiare l’incubo recessione.

Questo è particolarmente preoccupante nel caso dell’Eurozona, dato che due delle principali economia dell’Area, Germania e Italia, nello specifico la prima e la terza, sono enormemente dipendenti dal gas russo.

Nei prossimi mesi, dunque, Christine Lagarde, Presidente della BCE, avrà una bella gatta da pelare.

Le prime avvisaglie le abbiamo viste già ieri in occasione della consueta riunione mensile del board che, nelle previsioni, sarebbe dovuta passare quasi inosservata.

Così non è stato: pur con tutta una serie di raccomandazioni di sorta, “Faremo tutto ciò che è necessario allo scopo di perseguire la stabilità dei prezzi e salvaguardare la stabilità finanziaria”, a dimostrazione che Lagarde ha imparato la lezione del Covid, quando si lasciò sfuggire la famosa frase “Non siamo qui per ridurre gli spread”, facendo imbestialire un po’ tutti, la BCE pare prossima a normalizzare la sua politica monetaria.

E non potrebbe essere altrimenti: se l’inflazione già prima della crisi russo-ucraina destava preoccupazione, figuriamoci ora con l’aumento vertiginoso del prezzo degli energetici che ne è derivato – La previsione per quest’anno è stata innalzata al 5.1% rispetto al precedente 3,2% – una Banca Centrale che vede come suo principale obiettivo, se non l’unico, quello del target inflazionistico, ha ben poca scelta, deve agire.

Poi, certo, negli ultimi anni si è a lungo parlato della necessità di avere una politica monetaria maggiormente discrezionale, più elastica nelle scelte, allo scopo di meglio dirimere le criticità di un’area valutaria ancora lontana dal suo completamento – la nuova Strategy Review verteva essenzialmente su questo aspetto – ma tale risultato dipenderà, probabilmente, più dal carisma di chi occupa la prestigiosa scrivania a Francoforte sul Meno che da norme scritte.

In sintesi, la BCE ha, da un lato, accelerato il rallentamento del Quantitative Easing – 40 miliardi di euro ad aprile, 30 a maggio e 20 miliardi a giugno, rispetto al precedente piano che prevedeva di ridurre costantemente gli acquisti netti di 40 miliardi di euro ad aprile fino a 20 miliardi in ottobre -, dall’altro ha allentato il legame tra la sua fine ed il primo aumento dei tassi, provando così a rendere quest’ultimo meno automatico, più flessibile a ciò che i dati “consiglieranno” di fare. Si tratta di importanti sottigliezze comunicative, spetterà all’Istituzione renderle credibili.

A giudicare dalla reazione dei mercati, con gli spread che sono immediatamente schizzati in alto (da notare il balzo di ieri nel grafico che segue), questa vaghezza non ha convinto gli investitori, i quali “vedono” nei prossimi mesi – probabilmente a ragione – una BCE in versione “falco”.

Lo spread tra BTP Italia e bund a dieci anni nellultima settimana. Fonte: Il Sole 24 Ore.

Conferme, invece, sulla conclusione, a fine mese, del programma PEPP (Pandemic emergency purchase programme), il piano straordinario da 1.85 trilioni di euro lanciato in risposta alla pandemia da coronavirus.

La posizione della BCE resta al momento complessa, divisa tra il desiderio di affrontare l’inflazione, come previsto dal suo mandato, la quale dovrebbe rimanere ben al di sopra del target del 2% almeno fino al prossimo anno, e quello di sostenere l’economia dell’Eurozona.

Nel mezzo lo spauracchio stagflazione, ossia una crescita economica stagnante unita ad alta inflazione.

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