Fin da quando i negoziati su Brexit hanno avuto inizio ho spesso sottolineato i diversi rapporti di forza tra l’Unione Europea ed Regno Unito, rapporti di forza che, come prevedibile, hanno prodotto una bozza di accordo nettamente sbilanciata verso i 27 (Clicca qui)
A riprova di ciò basterebbe osservare le modalità con cui le parti l’hanno accolta: un celere via libera da parte dei 27 membri della UE contro la bufera abbattutasi su Theresa May, accompagnata da numerose defezioni in seno alla sua maggioranza.
Da cittadino europeo e da europeista convinto dovrei salutare l’esito di queste trattative con soddisfazione, invece non è così, almeno non del tutto.
Ragioniamoci.
Un accordo nettamente a favore dell’Unione Europea, sebbene possa fungere da monito all’eventualità che altri Paesi possano abbandonare l’area – per questo motivo io stesso avevo tifato per un’Europa intransigente nelle trattative – porta con sé il rischio reale che il Parlamento britannico rifiuti l’intesa, rimescolando di nuovo le carte.
Certo, seppur sia da considerarsi un’ipotesi remota, un accordo altamente sbilanciato potrebbe anche spingere il Regno Unito ad un ripensamento, a.k.a. la rinuncia ad uscire dall’UE, un nuovo referendum, ipotesi, però, come detto, assai remote, da non prendere dunque in considerazione, almeno non per il momento.
Michel Barnier, il commissario UE responsabile dei negoziati sulla Brexit, avrebbe forse dovuto tenere a mente un famoso adagio il quale recita “Se diventi troppo bravo ad un gioco, all’inizio vincerai sempre, ma dopo un po’ gli altri si stuferanno di perdere e nessuno vorrà più giocare con te”.
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