Oltre al meeting della BCE, giovedì è stato anche il giorno della riunione del board di Bank of England.
Il Governatore Mark Bailey ha annunciato il secondo aumento consecutivo dei tassi di interesse nell’ordine di un quarto di punto, aggiungendo che ve ne saranno di ulteriori nei mesi a seguire: se le previsioni dovessero essere confermate, ciò porterà la massima istituzione di politica monetaria del Regno Unito a realizzare il più rapido inasprimento della sua azione sin dalla sua indipendenza, avvenuta nel 1997.
Ad allarmare i responsabili della politica monetaria al di là della Manica è il tasso di inflazione, che nei prossimi mesi, stando alle previsioni, dovrebbe superare il 7%, più del triplo del livello target (2%) e oltre un punto percentuale maggiore rispetto a quanto previsto lo scorso dicembre.
L’impatto sull’economia del Regno Unito dovrebbe rivelarsi ancora superiore quando Bank of England inizierà a ridurre gli 895 miliardi di sterline (1.2 trilioni di dollari) di attività accumulate nell’ultimo decennio, nell’ambito del proprio piano di alleggerimento monetario (Quantitative easing).
A tal proposito, i funzionari dell’Istituto hanno già delineato i piani per scaricare oltre 220 miliardi di sterline di obbligazioni governative e societarie entro la fine del 2025; si ritiene che il programma potrebbe subire un’accelerazione una volta che i tassi supereranno l’1%.
Ciò nonostante, il governatore Andrew Bailey ha messo in guardia dal pensare che la strada sia già segnata, un atteggiamento prudente, simile a quello adottato da Christine Lagarde, Presidente della BCE, ma che pone dei dubbi sull’effettiva capacità da parte dei banchieri centrali di governare le aspettative inflazionistiche.
In questa fase di incertezza sarebbe infatti auspicabile per i banchieri centrali mantenere un atteggiamento coerente, oltre che una comunicazione credibile, in modo da evitare che l’insorgere di nuovi elementi, spesso fuori dal loro controllo, sconfessino le decisioni annunciate solo qualche settimana prima.
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