Spesso è lo sviluppo di un singolo Paese a trainare la crescita di un’intera area geografica.
È accaduto con il Regno Unito per l’Europa durante la rivoluzione industriale, con il Giappone per il continente asiatico nel secondo dopoguerra e potrebbe essere adesso il caso del Ghana per l’Africa Occidentale.
Il Ghana sembra avere tutte le carte in regola per dare il via ad un miracolo africano.
Collocazione geografica
Situato sulla costa, il Ghana ha sviluppato una serie di porti ( tra cui quelli di Takoradi e Tema) utili agli scambi commerciali.
Popolazione
I suoi 31 milioni di abitanti rappresentano una popolazione abbastanza ampia per la creazione di un proprio mercato interno ma, nel contempo, abbastanza piccola da fornire cibo e lavoro per ciascun cittadino. Inoltre, la popolazione è composta per metà dall’etnia Akan, ciò significa che in Ghana non è presente quella forte frammentazione osservabile in altri Paesi ex colonie e che ha spesso creato non pochi problemi di coesione sociale. Infine, il tasso di mortalità infantile inferiore rispetto a quello registrato nei Paesi vicini è sintomo di una popolazione sana, la quale risulta anche essere in testa nell’area per tasso di alfabetizzazione e scolarizzazione.
Istituzioni.
Il Ghana si classifica bene nei principali indicatori internazionali quali la qualità del governo, la libertà, la democrazia, la facilità di fare business e un basso livello di corruzione.
Insomma, i presupposti per una crescita economica sostenuta sembrano esserci tutti.
Non è un caso quindi che il Ghana sia uno degli Stati africani con il più alto tasso di crescita (7%), anche se al di sotto di quanto stimato in precedenza dal FMI, il quale aveva predetto addirittura un +8.8%.
A questo punto però è importante che le istituzioni ghanesi non si adagino sui risultati raggiunti ma che si impegnino verso una trasformazione della propria economia.
L’economia ghanese, come del resto gran parte dei Paesi in via di sviluppo (PVS), si basa sulle esportazioni, nello specifico di commodities.
In fondo, specializzarsi nell’esportazione di commodities non è per forza di cose un male.
Sebbene il Ghana, infatti, non disponga di importanti risorse naturali come, per esempio, Norvegia e Arabia Saudita, con la stabilità politica e una certa serietà nelle scelte osservata nelle ultime decadi, esso potrebbe, in un lasso di tempo non troppo lungo, aspirare allo status di Namibia e Botswana, forse addirittura a quello del Cile.
Con la produttività agricola in crescita, i cittadini ghanesi stanno via via spostandosi dalle campagne alle città, nelle quali sono spesso impiegati nel settore dei servizi, tipico percorso dei Paesi in via di sviluppo ricchi dal punto di vista delle commodities.
Il punto però è che spesso il settore del terziario si contraddistingue per posti di lavoro informali e precari, talvolta neppure ben pagati, condizioni economiche, almeno nel breve periodo, inferiori rispetto a quanto potrebbero offrire città manifatturiere, senza contare che il commercio basato sulle commodities arricchisce soprattutto chi le detiene, acuendo quindi le ineguaglianze sociali.
Dunque, l’industrializzazione appare ancora oggi il percorso più affidabile di incremento della ricchezza nazionale, essendo il settore manifatturiero meno soggetto ai vorticosi andamenti del prezzo internazionali delle commodities, permettendo inoltre una maggiore diversificazione del business, che incoraggiano l’apprendimento e quindi tassi di produttività più elevati.
Ma il tipo d boom manifatturiero osservato negli ultimi decenni, per esempio, in Corea del Sud non è semplicissimo da traslare in Paesi con ampia disponibilità di risorse naturali, che anzi possono fungere da ostacolo, in quanto le forti esportazioni di commodities causano l’apprezzamento della valuta, rendendo di fatto le esportazioni manifatturiere più costose e quindi meno concorrenziali sui mercati internazionali. Inoltre, la crescente offerta di lavoro nel settore delle commodities, rende indirettamente meno competitivi i salari nel settore industriale.
La soluzione a questa impasse passa probabilmente dal fornire ingenti e stabili sussidi alle esportazioni manifatturiere, in modo da accrescere i salari dei lavoratori impiegati nel settore e incrementare le possibilità di sviluppo degli investitori. Anche attrarre immigrati qualificati dai Paesi vicini, specialmente dalla popolosa Nigeria, potrebbe costituire un buon viatico allo sviluppo del settore.
Col tempo, lo sviluppo industriale ghanese e lo spiccato talento imprenditoriale dimostrato in questi anni, per esempio, attraverso l’introduzione delle prime auto “Made in Ghana” prodotte da Kantanka, potrebbero attrarre sempre più investimenti esteri, su tutti quelli cinesi, i quali sarebbero ben disposti nello scegliere il Ghana come base di produzione per il fiorente mercato dell’Africa occidentale.
Affinché ciò avvenga, però, è importante che il Ghana riveda il proprio modello di sviluppo, uscendo dalla logica di mero esportatore di commodities.
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