Inflazione in discesa, i banchieri centrali non si fidano.

da | Feb 4, 2023 | Politica economica | 0 commenti

La dinamica dei tassi.
N.B. Il grafico รจ antecedente all’ultima stretta di 50 punti base operata dalla BCE.

Dalle riunioni dei board di Federal Reserve, Banca Centrale Europea e Bank of England, svoltesi questa settimana, emerge un vision comune: lโ€™inflazione รจ sรฌ “vista” in discesa ma meglio non fidarsi , in questa fase occorre restare vigili e continuare il percorso di restringimento monetario a colpi di aumenti dei tassi e riduzione dei rispettivi bilanci (Quantitative tightening), lievitati in maniera considerevole durante la pandemia.

Comune anche il monito ai responsabili delle rispettive politiche fiscale a non cedere alle pressioni salariali – potrebbero rialimentare la spirale inflazionistica – da parte dei cittadini, il cui potere dโ€™acquisto, complice lโ€™aumento del costo dellโ€™energia, si รจ sensibilmente ridotto nel corso dellโ€™ultimo anno.

Per riportare lโ€™inflazione ad un livello prossimo al 2%, uno dei dogmi della moderna macroeconomia, servirร  una stretta collaborazione tra politica monetaria e fiscale, con questโ€™ultima che, presumibilmente, finirร  per pagare dazio.

Sรฌ, perchรฉ, come sta avvenendo nel Regno Unito e come probabilmente avverrร  negli Stati Uniti a breve, allโ€™altare dellโ€™inflazione andranno sacrificati non pochi posti di lavoro.

รˆ proprio per lenire tali conseguenze che il Presidente della Fed, Jerome Powell, sta provando a costruirsi un atterraggio piรน morbido: dopo i sei aumenti โ€œjumboโ€ registrati tra giugno e novembre, quello da mezzo punto in dicembre, ecco che stavolta รจ arrivato una piรน accorta stretta di โ€œsoliโ€ 25 punti base. Rallenta l’incedere – ora siamo a 4.5-4.75% – ma non l’obiettivo di lungo periodo, che resta nell’intervallo 5-5,25%.

Piรน complesso invece il lavoro per Andrew Bailey: le ultime stime del Fondo Monetario Internazionale dicono che il Regno Unito sarร  lโ€™unico Paese tra quelli del G20 a non evitare la recessione.

Ciรฒ nonostante, il Governatore di Bank of England, il quale due giorni fa ha annunciato unโ€™ulteriore stretta di mezzo punto, che ha portato i tassi al 4%, il livello piรน alto in 14 anni, ha incassato lโ€™appoggio del Cancelliere dello Scacchiere, Jeremy Hunt, convinto che la difesa del potere dโ€™acquisto dei sudditi di Sua Maestร  abbia la prioritร  sulla crescita.

E la Banca Centrale Europea?

Christine Lagarde, dopo la sequela di svarioni sul piano comunicativo osservati da quando ricopre il ruolo di Presidente della massima Istituzione di politica monetaria dellโ€™Eurozona, sembra aver finalmente completato il suo processo di apprendistato.

La conferenza stampa andata in scena giovedรฌ ha dato la possibilitร  allโ€™ex Presidente del FMI di offrire una visione piรน ad ampio respiro di quelle che saranno le sue mosse da qui ai prossimi mesi: al previsto aumento dei tassi di 50 punti base se ne aggiungerร  con ogni probabilitร  un altro giร  in marzo, poi, dati alla mano, si ragionerร  sul futuro.

Sebbene, infatti, la caduta del prezzo degli energetici spinga l’inflazione verso il basso, la componente cosiddetta core, ossia quella spogliata – appunto – dagli energetici e dai beni elementari, registra un nuovo picco, al 5.2%. (vedi grafico).

Costanza e coerenza sembrano in questa fase guidare l’azione di Christine Lagarde, la quale sta provando a recuperare quella che nel gergo della politica monetaria viene definita โ€œforward guidanceโ€, ossia la capacitร  di una banchiere centrale di influenzare con i propri annunci gli operatori di mercato, ispirarne le scelte, anzichรฉ rassegnarsi ad inseguirle come fatto finora.

Poi, certo, lโ€™evoluzione della guerra in Ucraina resta una di quelle variabili imprevedibili con cui, per forza di cose, tutti gli operatori, a cominciare dai banchieri centrali, dovranno continuare a fare i conti, cosรฌ come lโ€™insorgere di eventuali โ€“ Dio ce ne scampi โ€“ varianti di coronavirus.

Importanti conferme sono invece arrivate sul fronte della riduzione del portafoglio accumulato con il quantitative easing, nello specifico con il programma App (Asset Purchase Programme) che, come previsto, comincerร  nel marzo del 2023 e si attesterร  nell’ordine dei 15 miliardi al mese fino a giugno per poi, successivamente, valutare il da farsi.

Il reinvestimento dei titoli pubblici sarร  quindi parziale rispettando le proporzioni dei rimborsi – per emittente nazionale e sovranazionale – esistenti; discorso diverso per i corporate bond, per i quali verranno preferiti i titoli piรน โ€œgreenโ€. Infine, il portafoglio โ€œpandemicoโ€, il cosiddetto PEPP (Pandemic Emergency Purchase Programme) sarร  reinvestito in pieno almeno fino alla fine del 2024, con la flessibilitร  finora garantita per evitare rischi di malfunzionamento del meccanismo di trasmissione della politica monetaria.

รˆ chiaro che, avendo Lagarde cominciato la normalizzazione della politica monetaria dellโ€™area euro piรน tardi rispetto ai suoi omologhi, il costo del denaro con l’ultimo aumento si attesta “solo” al 3%. La sua azione dunque potrebbe continuare ancora per un poโ€™, tuttavia, i precedenti del 2008 e del 2011, se vogliamo anche quello dello scorso luglio, dove il board decise di restare immobile su una politica ultra accomodante, insegnano che una reazione troppo lenta allโ€™evoluzione dei mercati potrebbe nuocere gravemente alla crescita dellโ€™Eurozona.

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