Tassi negativi troppo a lungo: a lezione dai danesi.

da | Feb 3, 2020 | Politica economica | 0 commenti

Danske-Bank
La sede storica a Copenaghen di Danske Bank A/S.

Si è parlato spesso degli effetti sulle banche, e sull’economia in generale, di un lungo periodo di tassi negativi.

Per osservare ciò, non esiste probabilmente esempio migliore della Danimarca.

La repubblica scandinava, infatti, è il Paese in cui tale situazione perdura da più tempo: era il 2012, quando, al fine di difendere l’ancoraggio all’euro della propria valuta, la corona danese, Nationalbanken, la Banca Nazionale Danese, vi fece ricorso.

I tassi negativi hanno incrinato uno dei principi cardine su cui si regge il sistema bancario: ottenere depositi dai risparmiatori ed utilizzarli per prestare denaro a famiglie e imprese che ne facciano richiesta, realizzando un profitto.

Ma quella che avrebbe dovuto essere una condizione temporanea, utile per recuperare dagli effetti negativi della crisi economica, si è in realtà prolungata a lungo, troppo a lungo secondo i banchieri.

Finora, le banche danesi, al fine di compensare le perdite, hanno fatto affidamento su operazioni una tantum, quali svalutazioni di prestiti, valutazioni elevate del portafoglio obbligazionario e tassi record di rifinanziamento sui mutui.

La possibilità di effettuare tali operazioni sta però via via esaurendosi, ciò significa che per le banche danesi, e in futuro anche per gli istituti di credito continentali se la politica monetaria della Banca Centrale Europea resterà – come sembra – accomodante, arriverà presto la resa dei conti.

Qualche primo segnale potrebbe arrivare già dai dati finanziari che Danske Bank A/S, il più grande gruppo finanziario del Paese, rilascerà tra qualche giorno, il prossimo 5 febbraio.

Si stima che i tassi sotto zero siano costati al settore bancario danese, solo nell’ultimo anno, ben 2.5 miliardi di corone (€ 334 milioni); se i tassi fossero stati positivi, al contrario, ci sarebbero stati guadagni per circa 3 miliardi di corone. A tale computo vanno poi aggiunti i costi legati al soddisfacimento dei criteri di liquidità che la crisi economica ha reso sempre più stringenti.

Tale situazione sta spingendo le banche ad imporre commissioni ai clienti, in particolar modo a quelli con grandi depositi, in modo da eliminare le eccedenze.

Insomma, quella che un tempo era una forma di finanziamento invidiabile, si è trasformata ora in una gatta da pelare per gli istituti danesi.

Lars Rohde, Governatore di Nationalbanken, sostiene che che i banchieri danesi abbiano ben poco di cui lamentarsi e che, anzi, essi dovrebbero essere contenti della rinnovata solidità degli istituti, frutto di criteri di solvibilità più stringenti, anziché continuare ad inseguire la volatilità in borsa.

Intanto, la Financial Supervisory Authority, l’autorità di vigilanza finanziaria danese, la nostra Consob, ha annunciato di star monitorando quegli istituti che, pur di liberarsi delle eccedenze e fronteggiare così i mancati guadagni derivanti dai tassi zero, abbassano le proprie pretese circa il giudizio di solvibilità dei clienti, alimentando così, con ogni probabilità, fenomeni di “adverse selection” e “moral hazard“.

Forse, anziché provare ad inseguire gli utili attraverso maggiori rischi, sarebbe preferibile agire dal lato dei costi.

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